MOAI
C’è una barca a vela di nome MOAI. È nel porto di Marina Piccola a Cagliari, sotto la Sella del Diavolo, pronta a salpare per chi vorrà conoscerla e riconoscerla. L’ha chiamata così il suo capitano, che capitano non lo è davvero, forse più un visionario, un sognatore, una di quelle persone che uniscono puntini su una mappa e comprendono il disegno, anche se all’inizio la figura non è chiara, per chi si limita a osservare i tratti singoli, da 1 a 2 a 3 e così via. Stefano Calabrò ha lo sguardo d’insieme, e un vero talento per le mappe. Non è propriamente un marinaio, anche se la sua origine è sarda e quindi l’abito del ruolo, la stoffa, la veste bene.
Classe 1968, ha vissuto per molti anni in Messico a San Cristobal, tornando per brevi periodi in Sardegna. Al momento ha ribaltato prospettiva: è tornato alla base isolana per avviare, assieme a due soci, un progetto che ha al cuore la barca di nome MOAI, che vuol dire ‘Struttura Sociale di Lunga Vita’. Il significato di questa parola deriva dalla lingua giapponese (模合, Mo-ai) e dalla cultura di Okinawa, il luogo più longevo del nostro pianeta. A Okinawa la prima struttura sociale è la famiglia, come dappertutto, ma la seconda è il MOAI.
La parola identifica un gruppo di circa cinque o sei persone che attraversano la vita insieme. Si cresce insieme, ci si incontra periodicamente, si discute, ci si confronta, si scherza. Soprattutto ci si offre vicendevolmente assistenza emotiva, sociale, finanziaria. A me fa pensare al mio gruppo di amiche di una vita. Ci siamo soprannominate ‘gatte’ (non ricordo neanche perché, ma siamo di fatto un MOAI). All’interno del MOAI tutti i componenti sono focalizzati sul benessere dell’intero gruppo. Gli elementi fanno parte di una rete di supporto e condivisione totale. In pratica far parte di un MOAI significa avere sempre qualcuno a fianco, qualcuno che ti copra le spalle e si occupi di tutti gli aspetti del tuo benessere. Si potrebbe definire il MOAI come un sistema di ‘Welfare’, per il quale non si pagano tasse statali, ma ci si impegna a mantenere la rete di condivisione e di aiuto reciproco, così da sentirsi parte di qualcosa al di là della propria linea genetica.
Cosa c’entra questo con una barca? Praticamente tutto. Perché la barca ormeggiata a Cagliari vuole essere la base italiana del primo MOAI legato al mondo nautico. La società neonata in Italia (esiste già a Barcellona) si chiama NOSTER ITALIA-Yacht Social Club. E i suoi affiliati sono persone interessate a condividere la MOAI barca e la MOAI filosofia. Si legge sul sito: “Ogni barca Noster è un vero e proprio club di navigazione.
Potrai navigare durante tutto l’anno come se la barca fosse tua, in totale autonomia, in compagnia della tua famiglia e dei tuoi amici. Noster offre ai propri affiliati, attraverso un contratto annuale, la possibilità di usufruire di una delle barche a vela a disposizione, nuova, in perfette condizioni, eliminando tutte le preoccupazioni della gestione così come i costi di ormeggio, assicurazioni e manutenzione”.
La barca a vela MOAI è lunga 9 metri circa, è in vetroresina, nuova di zecca, ha il timone a ruota e posti letto per 6 persone. Altre info più tecniche si possono richiedere ai responsabili.
Non occorre la patente nautica per condurla fuori dal porto, ma è di vitale importanza saper ‘guidare’ una barca a vela. Per i neofiti come me, NOSTER offre anche la possibilità di avviare gli affiliati a prendere la patente nautica. In questa prospettiva, da curiosa sperimentale, ho avuto la possibilità di imbarcarmi per una prova, con al timone Stefano Calabrò. Ero e sono interessata personalmente al progetto, sulla scia di un desiderio che avevo da tempo, quello di salpare di nuovo in barca vela. L’ultima volta essendo stata nel lontano 1998, con un gruppo di amici per un giro delle Egadi. Fu una vacanza memorabile in compagnia di veri esperti del mare, ma da allora non ho avuto altre occasioni. Non le ho davvero cercate. Non potevo. E da sola non sarebbe stato qualcosa che potevo sperimentare. Ma questo progetto mi ha catturata, da quando Stefano me ne ha parlato lo scorso anno. Ancora la barca non era arrivata a Cagliari. Ancora non c’era un sito. Ancora il progetto era in gestazione.
Ora tutto c’è. La barca è un gioiello. Perfetta per quattro persone, che possono anche non conoscersi benissimo ma condividono la filosofia del MOAI. Giusta per sei persone già rodate, in sintonia tra loro. Quello che ho capito salpando, e apprendendo primi blandi rudimenti, è che i tre soci di NOSTER, in particolare Stefano Calabrò, incarnano i valori del MOAI, e si prendono cura degli affiliati perché trovino la barca pronta a salpare, con amici, con altri affiliati, o con la guida di qualcuno esperto.
È facile pensare a etichette già sentite, per definire questa avventura: una multiproprietà, una sorta di affitto non molto diverso da quando si affitta una barca per una vacanza… Ma nella realtà non c’è nulla di simile che calzi, quando si deve provare a definire qualcosa di nuovo, che prima non c’era e ora c’è, è nato ma deve affrontare i primi passi, le prime onde. Per capire sul serio occorre abbracciare il progetto e farlo decollare, o meglio salpare. Ne sto scrivendo per questo motivo. Perché il passaparola aiuta. Ma anche perché, anche solo salendo a bordo per un giorno e una notte, ho provato quel senso di appartenenza che irretisce. Vorrei affiliarmi e sarebbe bello conoscere altre persone curiose come me, ma non del tutto pronte. E magari affiliarci insieme. Certo, l’ideale è essere di base in Sardegna, per approfittare il più possibile delle uscite last minute, di una base in mare senza dover prendere voli o navi. Ma anche venendo dal continente, per chi può gestirsi il tempo in modo autonomo, avere una casetta galleggiante nel porto di Cagliari dove ritrovarsi e sentirsi parte di un MOAI è qualcosa di speciale.
Mi scriveva Stefano mesi fa che per costruire un proprio MOAI, secondo la definizione giapponese, servono coraggio e fiducia: “coraggio di mostrarsi vulnerabili e aperti all’interno di quella cerchia di persone, fiducia di potersi esporre e confrontare rispetto alle proprie convinzioni limitanti. La vulnerabilità permette di parlare dei propri dubbi, dei propri lati ombra, e di aprirsi anche alla condivisione di sentimenti positivi. Senza fiducia in sé e nel prossimo è quasi impossibile sentirsi meritevoli di appartenenza”. Affiliarsi a NOSTER ITALIA e poter condividere la MOAI ha il merito di creare la base di appartenenza. Ha un costo, certo. Ma se si vuole sperimentare la vita in mare a vela il rapporto costo beneficio di questa possibilità è decisamente vantaggioso. L’abbonamento è annuale e garantisce 84 ticket (corrispondenti a 42 giorni), dalle diverse caratteristiche (diurni, notturni, feriali o festivi). Si possono unire più ticket e prenotare uscite di più giorni. La piattaforma delle prenotazioni è molto strutturata, per facilitare il puzzle delle prenotazioni con tutte le variabili del caso. L’aspetto interessante è poter vivere la MOAI da affiliati singoli, con la propria cerchia di persone del cuore da portare a bordo, oppure creare legami di valore, legati alla passione per il mare, con altri affiliati della comunità legata alla barca.
Quando scrivo di qualcosa parto sempre da me. E non nascondo che, per come è strutturata la mia vita al momento, non ho ancora deciso se affiliarmi. Sto valutando pro e contro. E soprattutto quanto potrei dedicare del mio tempo libero a questa mia passione per il mare, che non ho mai davvero coltivato fino a oggi. Chi mi conosce sa che ho contribuito a creare l’Agriturismo Il Cucciolo, la mia base di vita e di lavoro, per oltre quindici anni. Ho vissuto quindi lontana dal mare per tanto tempo e non ho esperienza di vita di barca. Un conto quindi è la passione. Un conto sono la disciplina e l’impegno necessari per salpare, conoscendo i rischi che la navigazione comporta. È su questo che mi sento una neofita. Ma forse la MOAI potrebbe diventare il trampolino dal quale tuffarmi per imparare a nutrire la mia natura di pesce!