Undiagnosed
A volte il racconto di un dolore personale, di una sofferenza intima, trascende dall’individuo e compie quel percorso che dal particolare arriva all’universale. È così per il libro di foto e testi creato dal fotografo Riccardo Budini, di formazione architetto. Dal titolo ho acchiappato la parola “Undiagnosed”, ovvero privo di diagnosi, una di quelle parole inglesi che non hanno una singola corrispondente italiana, ma nella nostra lingua occorre usare due o più parole per tradurle. Il libro ha testo a fronte in Inglese per la traduzione di Victoria Weavil e una prefazione di Marina Van Driel. Ho conosciuto Riccardo tramite amicizie umbre e la rete di comunità che si è formata attorno al progetto della rinascita di San Zeno (La San Zeno APS e il CAPEV nascono a presidio della Valle del Minima per proteggere l’ambiente da operazioni speculative legate agli allevamenti intensivi di polli o altri animali). Romano di origine, il foto-giornalista, ha da alcuni anni acquistato un casale molto isolato in quella che lui chiama la Foresta Segreta, ovvero il bosco attorno a Mannarolo, nella zona di Monte Santa Maria Tiberina. Lì, in compagnia del suo cane Nila, attende alla vita del bosco, notturna e diurna, degli animali che lo abitano, volpi, lupi, cinghiali, degli alberi, dei suoni e dei rumori. E ha creato uno studio dove stampa le sue bellissime foto in bianco e nero, che sono opere di natura chiaroscura, a volte nitida come nei lavori di Ansel Adams, a volte sfumata, quasi a diluirsi nelle nebbie dove la prospettiva si perde.
Riccardo ha pubblicato un libro foto-racconto, che dal suo sito si può ordinare. Quando arriva, aprendolo, si riceve una sorpresa fogliacea che profuma di bosco. Ho dialogato con l’autore nella cornice di San Zeno, grazie agli eventi che organizziamo come San Zeno APS, dopo un bel pranzo di comunità qualche settimana fa.
Il significato del titolo potrebbe sembrare metaforico, ma non lo è, eppure lo diventa arrivando all’ultima pagina. Il fotografo ci invita a conoscere la sua personale discesa nella zona oscura di una malattia senza nome, di una sofferenza senza spiegazione, che lo ha colpito da alcuni anni. ‘Sotto l’incalzare di sintomi dolorosi, durante un tempo lungo 711 giorni’, scrive l’autore, ‘mi sono fatto esaminare durante 31 visite mediche da parte di 15 dottori diversi, ho compiuto 22 accertamenti clinici e mi sono sottoposto ad una operazione chirurgica. Secondo molti studi, malattie anche non particolarmente rare possono richiedere svariati anni per arrivare ad essere diagnosticate. Alcune possono rimanere non diagnosticate durante tutta la vita. Mentre altre possono ricevere diagnosi errate. Durante il periodo senza una diagnosi non è previsto uno specifico supporto ed il paziente deve imparare da solo come gestire la propria esistenza. Non si può cominciare un percorso terapeutico mirato e spesso i sintomi non possono essere trattati adeguatamente, con ripercussioni gravi sulla vita lavorativa, affettiva e sociale della persona colpita’.
Le sue foto lo espongono mentre è alla ricerca di un significato alla sofferenza. Il lavoro abbraccia un periodo di circa tre anni, ma comincia da molto lontano, dall’idea che per comprendere l’insorgere di una malattia occorra andare alle radici di un trauma. In passato, l’autore ha lavorato come fotogiornalista, ha testimoniato atti violenti, manifestazioni, situazioni traumatiche. E, cita il suo collega fotografo Allen Murabayashi, ‘una volta che hai visto un’immagine non c’è modo di invertire quell’azione’.
Una delle parole di questo libro è arte. Non solo nel senso che sia senza dubbio un’opera d’arte, ma anche per la foto in cui l’autore si vede tra i boschi in compagnia delle guide che ha sentito vicine nel periodo più doloroso: da artista si circonda di una compagnia di grandi che hanno sofferto di malattie diagnosticate. E hanno convissuto con il dolore, rimanendo fedeli alla propria vocazione. Persone come Giacomo Leopardi, Jaqueline du Pré, Glenn Gould, Moondog, Franz Kafka, Sergei Rachmaninoff, Marcel Proust diventano i suoi angeli custodi, perché il percorso non può non affrontare il tema della ricerca anche spirituale e religiosa.
Leggendolo ho percorso la parabola dell’eroe. In questo caso, l’antagonista è una malattia alla quale trovare un nome. E se le cose non si nominano ha senso dire che esistano? La disabilità verrà riconosciuta? Questo è il mondo oscuro nel quale percorsi del genere si incontrano.
E il racconto per immagini di Riccardo Budini può fornire un appiglio, una direzione, quella del riconoscersi simili, organismi non disgiunti dagli animali, dalle foglie, dalle acque di un lago, dagli uccelli e dai loro disegni alati.
Esiste un ordine naturale, mostrano le foto dell’autore. Seppure nascosto ai nostri sguardi distratti, l’osservazione consapevole dell’ambiente in cui viviamo lo rende visibile. Persino capace di curare qualcosa che non ha un nome.