Vita SuperNova – Equilibrio
Come ci si mantiene in equilibrio quando si attraversa una tempesta? O ci si trova in una selva oscura? Quando il buio che temiamo ci attrae o ci attraversa? Quando affrontiamo il dolore, che sia il nostro o quello degli altri? Mi viene in mente la parola ‘cicloneros’ che avevo afferrato dai racconti consegnati al Concorso DIMMI, che sta per Dimmi di storie di Migranti, nel contesto del Premio Pieve Saverio Tutino. I ‘cicloneros’ sono coloro che, quando arriva un uragano, creano catene umane, per resistere, aggrappandosi gli uni agli altri, e tutti alla terra per non essere travolti.
La parola equilibrio è una delle prime che incontro, varcando la soglia del Lingotto, per il Salone Internazionale del Libro 2021 dal titolo “Vita Supernova”. Me la regala una donna minuta, giovanissima, che siede dietro al suo libro di otto racconti intitolato “Vicini. Lontani. Otto racconti di anime in viaggio”, edito da Il Castoro. Lei si chiama Angela Tognolini ed è ospite di Fabio Geda, autore e insegnante, che modera l’incontro tra l’autrice e i ragazzi e le ragazze del Liceo Alfieri di Torino.
Angela Tognolini ha lavorato come operatrice legale per richiedenti asilo e rifugiati, presso l’Associazione Centro Astalli di Trento. Dietro la sua scrivania ha ascoltato le storie delle persone richiedenti asilo perché fuggite dal loro paese. Giovanissima, subito dopo una Laurea in Scienze Internazionali Diplomatiche, ha intrapreso un percorso di ascolto e di comprensione del lontano mondo dell’altro e ha trovato i sentieri, le vie, nella mente e nel cuore, per avvicinarsi a quel mondo e trovare un equilibrio tra la vicinanza e la lontananza. Un equilibrio precario, complesso da trovare, quando si ha a che fare con il dolore, con la sofferenza. La sua esperienza l’ha distillata in otto storie. Otto racconti che ha deciso di pubblicare in un libro dove la parola migranti non compare.
Il titolo parla infatti di anime in viaggio, perché, come spiega lei stessa, la parola migranti è un participio che indica un’azione, qualcosa che inizia, ha una durata e una fine. Le persone che incontra vivono quella transizione, ma vengono da una loro storia, ognuno diversa, persino se appartenenti alla stessa famiglia. D’altra parte, una volta raggiunta la destinazione, la parola migrante è un’etichetta anche violenta, spiega la Tognolini, sia perché la si usa come per identificare un nemico e quindi con aggressività, sia perché si pensa a una vittima, guardando alla persona che si ha di fronte attraverso la lente del pietismo.
La voce di Angela, la sua postura composta, le sue parole, tutto in lei è accoglienza. Prima di tutto verso se stessa come scrittrice, un compito che ha accettato con gratitudine, come un dono che le persone che ha incontrato e conosciuto nel suo lavoro le hanno offerto. Ascoltandola ho pensato a quanto spesso scrivendo ci si senta un canale. A come i personaggi delle storie parlino ai loro autori, si manifestino, richiedano attenzione, disciplina, parole per dirlo e per scriverlo. E al compito di chi scrive, che diventa spesso quello di attraversare il buio, un buio di cui non sa nulla, ma dove i sensi sono una guida e la penna diventa quello specchietto, per dirla con le parole della scrittrice Tognolini, capace di catturare anche un solo singolo raggio di luce e rifletterlo per illuminare l’oscurità.
Tornare al Salone, al Lingotto, in tempo d’autunno e di caduta di foglie, è un atto di resistenza, di ripresa, di credere nel potere della scrittura, della lettura, sempre e comunque. Perché i libri, che siano piccoli, grandi, in questo porto torinese ricavato all’interno del Lingotto, sono come minuscole barchette di carta che trovano qui un approdo e potranno ripartire solo grazie all’incontro con i loro lettori. Quell’incontro che diventa la condizione di equilibrio tra vicini e lontani.