Lingotto 10: Apeirogon
La parola più bella che ho catturato nel Salone Internazionale del Libro di Torino è Apeirogon e, non a caso, me l’ha regalata un grandissimo scrittore. Colum McCunn era invitato come vincitore del Premio Mondello e ha dialogato con lo scrittore Giorgio Fontana, che, da giudice monocratico, lo ha scelto tra la rosa degli autori internazionali, come maestro ideale e meritevole destinatario di un riconoscimento importante nell’ambito letterario mondiale.
“L’opera di Colum McCann è sostenuta da un’ispirazione multiforme e da un linguaggio ricco, generoso e potente”, ha scritto Fontana motivando la sua scelta. “La finzione parte spesso da eventi reali, su cui lo scrittore innesta una tensione straordinaria grazie alla sua ‘empatia radicale’ — la capacità di restituirci i personaggi nella loro interezza, senza falsità e senza trucchi. E quale sfida più alta dell’empatia radicale in una società pervasa dal cinismo? L’opera di McCann non teme la complessità del mondo, ma la restituisce con nitore e poesia”.
Il Direttore del Salone di Torino, Nicola LaGioia, ha introdotto l’occasione speciale in cui ascoltare la voce di uno scrittore capace di rappresentare nei suoi romanzi tante culture, riuscendo a partire sempre dagli esseri umani e dalle sfaccettature della storia vista da tante prospettive diverse quante sono le persone che la attraversano. Al termine del suo intervento McCann ha anticipato il titolo del suo prossimo romanzo, “Apeirogon” appunto. Il romanzo è ambientato in Israele e racconta di due persone, una di Gerusalemme e una di Gerico, che hanno entrambe perso la figlia. “Ero ossessionato da Gaza e dalla Striscia di Gaza. E amo le sfide. Scrivere di questa storia è stata una grandissima sfida”, ha detto l’autore, riferendosi anche al titolo, una parola che indica la forma geometrica di un poligono generalizzato, con un numero di lati infinito. La parola infinito è nella radice Àpeiros, ed è facile capirlo anche per una come me che non ha fatto studi classici. Come ogni poligono, un Apeirogon è una sequenza di segmenti e angoli. E, come ogni poligono, non ha inizio né fine. Nel caso di un poligono regolare, ciò è vero perché si tratta di un circuito chiuso, nel caso di un poligono di numero infinito di lati, che sia chiuso o aperto, da ogni parte si vada si può solo tendere all’infinito.
Difficile riassumere le parole di uno scrittore come MCcann, in effetti ci arrivo a oltre un mese dalla fine del Salone. E mi servo delle domande poste durante l’incontro da Giorgio Fontana, secondo il quale il “massimalismo” permea l’opera di McCann, nel senso che i suoi romanzi sono ambiziosi e risultano all’altezza dell’ambizione. Sono opere funzionali che partono da eventi reali negli ambiti più diversi: l’ambiente dei lavoratori che hanno costruito la metropolitana di New York de “I figli del buio (This Side of Brightness) Rizzoli; il mondo della danza di Nureyev de “La sua danza (Dancer) Tropea; la storia di una ragazza nel mondo dei Rom di “Zoli: storia di una zingara” (Zoli) Rizzoli; il primo volo transatlantico come ponte tra le due sponde dell’Atlantico, partenza e arrivo delle rotte migratorie del secolo scorso per chi sognava una libertà possibile, nel “Transatlantic” (Transatlantic) Rizzoli. Ogni sua parola è densa, scelta, sia quando parla, sia soprattutto quando scrive. Tempo fa avevo letto “Questo bacio vada al mondo intero” (Let the Great World Spin) Rizzoli, un romanzo magnifico del quale avevo scritto catturando la parola Sospensione. Tornando dal Salone ho letto Transatlantic, nella versione italiana tradotta dalla bravissima Marinella Magrì, per l’editore Rizzoli.
Il primo volo transatlantico risale a cento anni fa. Il 14 Giugno 1919, John Alcock e Arthur Witten Brown partirono da St. John, estrema punta est della penisola di Avalon, Terranova, oggi Canada e atterrarono a Clifden nel Connemara d’Irlanda, vicini alla stazione radio di Guglielmo Marconi. La storia parte da quel volo e, al pari dell’aereo (il Vickers Vimy, un bombardiere bimotore modificato e spogliato della potenzialità bellica), attraversa lo spazio e il tempo da una costa all’altra dell’Oceano. Ogni elemento della storia con la S maiuscola si specchia nelle storie piccole di piccole e grandi persone, che compiono imprese grandissime. Come la domestica Lily, che dall’Irlanda arriva a piedi a imbarcarsi per New York, ridotta a un cencio e soccorsa da colui che l’ha ispirata a compiere il viaggio, il nero Frederick Douglass, ex schiavo e scrittore, uno dei più influenti abolizionisti, che percorse l’Irlanda alla fine dell’Ottocento, per la causa dei neri d’America, attraverso i suoi scritti, arrivando a riscattare la sua libertà.
L’aereo in volo trasporta una lettera, un simbolo di pace come oggetto in sé, oltre che per quello che forse c’è scritto: il contenuto della missiva si scopre solo alla fine del romanzo e la busta sgualcita e conservata ha il destino di passare di mano in mano attraverso quattro generazioni di donne, coloro che tengono le fila della costruzione della pace, attraverso l’amore, il dialogo, la scrittura, l’arte, attraverso il loro essere figlie e madri. A partire dalla prima protagonista, la ragazza al servizio di una famiglia irlandese, che si licenzia e si mette in viaggio spinta dal desiderio di emancipazione, di riscatto, di conquista di una propria libertà.
Fiction vs Non Fiction
I romanzi di Mc Cann sono sempre ancorati al reale, alla storia, a elementi realmente accaduti. Viene spontaneo capire qual è la sua visione rispetto al romanzo storico, al saggio o al romanzo narrativo.
“I doubt the word fiction. The real can be imagined and the image can be of a real story. We shape the real world. Facts are mercenary things. The texture is not a mercenary thing and the writer is somebody who uses the texture to question the way in which facts are represented” Non esiste, secondo McCann una distinzione netta tra saggio storico e pura narrativa, il reale può essere un’immagine e l’immagine può riguardare un evento reale. Siamo noi che diamo forma al reale: “I fatti sono cose mercenarie. È la trama a non essere mercenaria. Lo scrittore è qualcuno che usa la trama e si pone le domande sul modo in cui i fatti vengono raccontati”.
Linguaggio
Il linguaggio di Mc Cann è ricco e raggiunge un realismo poetico, ha fatto notare Fontana.
“I shock my student when I say that plot is juvenile”, ha sorriso McCann. “It doesn’t matter the plot but the language, the rhythm, the sound. I would sacrifice meaning for music. If I get the sound right, the meaning would be embedded in the music. Language is the real propeller”.
“Lascio interdetti i miei studenti quando dico loro che ‘lo sviluppo della storia è l’aspetto immaturo’ e che non è così importante quanto invece è importante la lingua, il ritmo della lingua, il suono. Io sacrificherei il significato per la musica. Se trovi il suono giusto, il significato sarà incorporato, incastonato nella musica. La lingua è la vera elica”.
Comporre un romanzo
La parola elica non è casuale, per uno scrittore che sceglie storie di viaggio, di navigazione, di volo, di attraversamento, sia reali che metaforiche. E la nave è una metafora potente: “I am a real explorer”. Ha raccontato l’autore. “When I start a book, I am like a sailor and I find a Galapagos of imagination. When I begin, I have an idea of a A and a Z, but I don’t have a clue. (…) My translator too, Marinella Magi, works proceeding step by step, in the sense that she doesn’t read my novel before she starts translating it. I let the story unfold and she does the same with the translation”.
“Mi ritengo un esploratore. Quando comincio un libro sono come un marinaio che approda alle Galapagos dell’immaginario. Ho un’idea che va dalla A alla Z ma non ho indizi e procedo piano piano per trovarli. Anche la mia traduttrice Marinella Magi mi ha detto che preferisce affrontare il lavoro piano piano, senza leggere prima tutto il romanzo, ma traducendo passo per passo. Lascio che la storia si dipani, si spieghi”.
Personaggi vs Paesaggi
“I personaggi sono davvero importanti”, ha detto Fontana, “ma ancora di più lo sono i paesaggi. Penso a “I figli del buio” e alla costruzione delle grandi gallerie sotterranee della metro newyorkese. Come ti rapporti alla descrizione degli spazi?”
“Nabokov used to say ‘the character is my galley slave’. I don’t agree since for me the landscape is my galley slave. I plasm the landscape with language”.
“Per Nabokov il personaggio è lo schiavo di galea dell’autore, ma non è così per me. Io trovo che il paesaggio è il mio schiavo di galea e lo plasmo attraverso la lingua”.
Quando l’autore aveva 21 anni è arrivato a Boston con l’idea di scrivere il suo primo romanzo. “I went to Boston to write a novel when I was 21 and after six months i felt i knew nothing”, ha raccontato. “I engaged in what i call travel democracy. I learned the value of listening. I had the landscape of the human heart to explore. I listened to stories and carried them with me”.
“Sono arrivato a Boston per scrivere il mio romanzo. Ma dopo sei mesi mi sono reso conto che non avevo idea di nulla”, ha raccontato. “Così mi sono messo in viaggio in bicicletta attraverso gli Stati Uniti in una forma che potrei chiamare la democrazia del viaggio. Ho imparato ad ascoltare, incontrando il paesaggio del cuore umano. Ho ascoltato storie e le ho interiorizzate”.
A Patriot of Elsehwere
Uno scrittore di riferimento è John Peter Berger, romanziere, intellettuale marxista che si è trasferito in Francia e ha scritto “Ways of seing”, edizioni Penguin Books .
“I met John once in Mantova and we got drunk together. It was one special nights and at some point I asked him: ‘John where are you from?’ He said ‘I am from London’. And I asked ‘but where are you from… from…?’ ‘I am a patriot of elsewhere’, he said. And that stuck with me. He was always exploring territories where other people won’t go, to find grace where is dark”.
“Una volta ho incontrato John a Mantova e ci siamo ubriacati insieme. Era una serata speciale e a un certo punto gli ho chiesto ‘John, di dove sei?’ E lui mi ha detto ‘sono di Londra’. E io ‘ma da dove… dove… vieni?’ E lui mi ha risposto: ‘Sono un patriota dell’altrove’. Ed è vero. Lui ha sempre esplorato i territori dove dove altre persone non andavano, per cercare e trovare la grazia nelle zone oscure”.
Trucchi del mestiere
A proposito del mestiere di scrivere e dell’attenzione ai dettagli, dice McCann: “Let me give you a small trick. When I was working on “Dancer” I knew nothing about ballet and I wrote a book about Rudolf Nureyev. I was at a ballet with my daughter and we were enchanted by the snow falling on the dancers during the performance. After the show I went beyond the scene to talk with the artists only to discover that they hate that moment when all these minuscule needles where falling on them, on their heads. This was an important detail of the kind that allow the reader to experience something. Don’t tell the reader what to think. Allow people to think. Re-enforce the reader intelligence”.
“Un piccolo trucco. Ci sono situazioni in cui scriviamo di un mondo di cui anche noi autori non abbiamo esperienza diretta. Mi è successo con il romanzo “La sua danza”, sulla storia di Rudolf Nureyev. Ero a un balletto con mia figlia e osservavo la neve finta che cadeva sui danzatori. Poi, andando dietro le quinte a conoscere i ballerini, ho scoperto che loro odiavano quel momento della danza per via di tutti i minuscoli aghi che gli piovevano addosso e nei capelli. Questi dettagli sono il particolare che consente al lettore di pensare, di immergersi, di immedesimarsi”.
La Letteratura come atto non violento di resistenza
Nel romanzo “Transatlantic” un aereo da guerra viene spogliato dalla propensione al massacro e utilizzato per attraversare l’oceano in volo per la prima volta. È una metafora potente della letteratura che prende le parole e le spoglia della propensione al massacro, creando ponti, vie di comunicazione e di immedesimazione.
“I wanted to write about peace. And I was fascinated by the first transatlantic flight. The two pilots, John Alcock e Arthur Witten Brown, flew for 72 hors, from Terranova to Irland, on a war plane deprived of the weapons. They didn’t have even a gyroscope. I decided to open the novel with that flight. (…) I believe that literature is a non violent act of resistance. We read about war and we experience it without getting the scars”
“Nel caso di Transatlantic, volevo scrivere un romanzo sulla pace. Ero affascinato dal primo volo transatlantico, dai due piloti John Alcock e Arthur Witten Brown, che hanno volato per 72 ore senza un giroscopio su un aereo da guerra, spogliato delle armi. Volevo aprire la storia con quel volo. Credo che la letteratura sia un atto non violento di resistenza. Nel senso che leggendo possiamo avere esperienza anche di cose terribili senza riportarne le cicatrici”.
Narrative 4 e l’empatia radicale
La lingua è un arma potente, può aggredire, manipolare, sminuire. Viviamo in un’epoca nella quale c’è forte carenza di empatia. E per contrastare questa tendenza McCann è presidente e fondatore del progetto Narrative 4 , volto a promuovere l’empatia radicale nel mondo. Si tratta di un’attività che unisce gruppi di persone stimolate a raccontarsi.
“We close the doors. We think only about ourselves. We shrink. We atomise ourselves. This project brings people together. They tell each other their personal story and then in the group they are invited to exchange roles, I tell your story as it was mine and you do the same with my story. When you tell your story, the brain is little but when you tell the story of somebody else the brain is forced to grow. It is like a carnivor. And this process brings radical empathy into the world”.
“Abbiamo l’abitudine a chiudere porte. Pensiamo solo a noi stessi. Ci restringiamo. Ci atomizziamo. Il progetto Narrative 4 raduna le persone e le avvicina. Ognuno racconta la propria storia a un’altra persona, in uno scambio a due a due. Poi nel gruppo sarò invitato a raccontare la storia che ho ascoltato, come se fosse la mia storia. Se racconto la mia storia, il mio cervello si fa piccolo ma se racconto la storia di un’altra persona, il cervello è un carnivoro che si ingrandisce. E questo processo aiuta a diffondere un’empatia radicale nel mondo”.
In questo narrarsi a due a due, ognuno di noi è in collegamento a un vertice di un poligono dal numero di lati infinito, che non ha inizio e non ha fine, eppure ogni lato e ogni angolo c’è ed è unico, indispensabile, un punto di vista dell’intera figura, quell’Apeirogon simbolo dell’umanità tutta.