Lingotto 9: Comunità
[… Segue…] Il profumo di caffè nella cucina torinese di Lelia e Carlo è denso di ricordi: incontri la mattina con gli occhi ancora socchiusi a trattenere il mondo dei sogni, tazzine sul tavolo piene del liquido bollente da sorseggiare mentre ci si sente parte. Il giorno della partenza, il Salone Internazionale del Libro è in chiusura, vengono a salutarci gli Edo, la coppia di amici che abitano al piano di sopra. Loro di caffè ne prendono uno in due e la parola che mi regalano è Comunità. Non c’è bisogno di spiegazioni. In questo condominio i vicini di casa non sono voci senza volto della porta accanto. Sono amici che tempo fa comprarono gli appartamenti di un palazzo in costruzione, per trovarsi a vivere porta a porta e condividere così le loro vite nel bene e nel male. La storia ha dato loro ragione, anche se oggi non ci sono più tutti gli abitanti del primo insediamento. Quando arrivavamo a Torino, negli anni Ottanta e Novanta, c’era qualcuno da salutare a ogni piano. Ognuno aveva la sua vita, ma c’era uno scambio, c’era la volontà di condividere.
Nel salone la parola Comunità l’ho incontrata nel nome di una bella casa editrice, “Edizioni di Comunità”. Mi ha catturata grazie all’immagine di Adriano Olivetti e ai vari libri che portano la sua firma. La presentazione della casa editrice inizia così: “Indipendenza, centralità della persona umana, comprensione profonda dei valori della cultura, progresso tecnologico e scienza come strumenti per progettare e regolare, ‘a misura d’uomo’, le istituzioni democratiche e il mondo produttivo: nell’adesione ai principi olivettiani si qualifica l’attività delle nuove Edizioni di Comunità. Nella loro attualità vive la convinzione che la fortuna di Adriano Olivetti come modello di sostenibilità è oggi vicina”.
Di questa casa editrice ero venuta a conoscenza dopo aver visto lo spettacolo teatrale su Camillo Olivetti, scritto e recitato da Laura Curino. E aver acquistato, letto e riguardato il libro-DVD: “Camillo Olivetti, alle radici di un sogno”, che è un magnifico monologo sulla realizzazione di un impresa e sulle radici di quel sogno. Ho avuto la fortuna di conoscere l’attrice andando ad assistere a questo spettacolo al termine di un laboratorio ospitato a Roma dal Teatro di Villa Pamphilij. Un percorso di due giorni nel quale l’attrice e scrittrice torinese si prefiggeva di guidare i partecipanti a scoprire come “la storia di una vita, anche la nostra vita, può diventare teatro. Come l’esperienza del singolo diventa patrimonio collettivo. Come ogni vita diventa luogo di scoperta dell’appassionante avventura dell’umanità”.
Conversando con Angela Ricci, gentile e disponibile allo stand della casa editrice al Salone, sui temi della scienza e della divulgazione, lei mi ha regalato un bellissimo libro, oltre alla parola Comunità. Si intitola “Un senso del futuro” dello scienziato, matematico, filosofo e letterato Jacob Bronowski e in copertina pone un interrogativo interessante: “Può la scienza essere tollerante?”. Angela mi ha raccontato quanto le piaccia questo testo del più grande divulgatore scientifico in campo televisivo, il primo a portare la scienza al grande pubblico attraverso il programma per la BBC “The ascent of men”, nei primi anni Settanta. In questo libro l’autore crea un ponte tra la scienza e la letteratura, mi ha descritto Angela. È per questo motivo che anche lei che non è scienziata l’ha trovato chiarissimo e interessante. La domanda posta nel titolo, riferita alla tolleranza della scienza, ha implicita la risposta. Ed è che la scienza è una disciplina accogliente, comprensibile e inclusiva. E lo è se si guarda all’aspetto umano della curiosità e del processo creativo che accomuna lo scienziato all’artista. Non a caso uno dei primi esempi che l’autore porta è quello di Leonardo da Vinci, in nome del quale quest’anno ricorrono mostre e celebrazioni. È lui l’emblema dell’uomo nuovo che appare nel Rinascimento e nella Rivoluzione scientifica:
“L’uomo nuovo è rappresentato da Leonardo da Vinci, la cui importanza mi pare non sia mai stata realmente compresa. C’è una evidente differenza tra la pittura di Leonardo e quella dei suoi predecessori, per esempio tra un suo angelo e un angelo del Verrocchio. Si suol dire che l’angelo di Leonardo è più umano e più tenero; ed è vero, ma non è questo il punto.(…) Non possiamo capire l’effetto luminoso e trasparente con il quale Leonardo si sofferma su una testa o su una mano, finché non ci siamo resi conto che dipinge con pari affetto l’erba e i fiori dello stesso quadro. Definire Leonardo un pittore umano e naturalistico vuol dire non cogliere l’essenza del suo ingegno. È in realtà un pittore nel quale parla a gran voce il dettaglio naturale; perché è nel dettaglio che la natura si esprime. (…) Ma Leonardo andò oltre: portò questa visione artistica nella scienza. Comprese che la scienza, come la pittura, deve scoprire nel particolare il disegno della natura”.
Il nucleo di questo libro, breve ma denso di analisi sul processo creativo, sulla portata dell’immaginazione, sui valori della scienza, è che alla base di tutto occorre pensare agli esseri umani e alle caratteristiche che li rendono capaci di creare, di inventare, che siano essi scienziati o artisti non fa differenza, perché nelle fondamenta i processi sono gli stessi. “Un uomo, artista o scienziato, diventa creativo quando scopre una nuova unità nella varietà della natura. Ci riesce trovando una somiglianza tra le cose che non erano ritenute simili, e ciò gli dà contemporaneamente una sensazione di ricchezza e di comprensione. La mente creativa è quella che cerca somiglianze inaspettate. Non può essere un procedimento meccanico, e io credo che coinvolga l’intera personalità, nella scienza come nelle arti”.
A due giorni dal voto per le Europee, la parola Comunità è una parola da tenere fissa in alto nella lista personale delle priorità del vivere, come esseri umani, come partecipi di una Comunità più allargata quale quella di tutti gli esseri viventi del nostro pianeta, come individui che credono in un’Europa accogliente, inclusiva, comprensibile, comunitaria, pacifica, tollerante, evoluta. Un’Europa così è possibile se usiamo la Colla giusta, quella della Scienza, come sostiene Pietro Greco nella sua magnifica opera appena portata a compimento: “La Scienza e l’Europa” (L’Asino d’Oro Edizioni):, cinque volumi per dimostrare una tesi che la fisica delle particelle Lucia Votano (in occasione della presentazione dell’opera di Greco alla Sapienza) ha formulato con queste parole: “Il teorema di Pietro Greco recita che la scienza, o meglio dire la conoscenza, è stata il collante principale dell’Europa, che ha consentito di dominare il mondo per alcuni secoli, fino alle soglie del secolo scorso. Quando agli inizi degli anni cinquanta sono nate le prime istituzioni comunitarie, il predominio scientifico dell’Europa cominciava già a declinare e l’Europa è nata sospinta dall’idea di lasciarsi alle spalle anni di guerre fratricide, non solo riconoscendosi come una comunità di valori reali, libertà, democrazia, uguaglianza, ma anche come una comunità dalla conoscenza e dalla cultura comune. Il filo conduttore dei volumi è quello di dimostrare come la scienza sia parte di questo patrimonio comune. E Pietro Greco ci dimostra come il declino dell’Europa sia fortemente correlato con la perdita di quel rapporto privilegiato con la scienza e con la conoscenza, di cui aveva non solo il predominio ma quasi il monopolio fino all’inizio del secolo scorso”. [… Continua…]